Ci capita spesso di parlare di abbracci, credo sia per me una specie di mantra, un diktat, quasi una preghiera. Ho vissuto una delle esperienze peggiori che qualunque essere umano possa sopportare: la perdita di mia figlia, Francesca, nove anni, volata in cielo il sei aprile del 2009, in seguito al terremoto de L'Aquila una tragedia immensa, inaspettata, ingiusta, e molto molto dolorosa.
Ho toccato il fondo di un buco nero, buio come la notte, buio come il peggiore degli incubi.
Con il passare del tempo, quando ho provato a metabolizzare il dolore, a capire, a farmi mille domande, a farne altrettante a chi mi dava una mano a comprendere , è nato dentro di me l'insaziabile desiderio di essere abbracciata, avvolta tra le braccia, come un bozzolo, come sotto una coperta calda, accogliente. Volevo essere cullata come una bimba, volevo essere protetta. cosa, se non un abbraccio, può portare beneficio ad un dolore così immenso, inenarrabile?
Chi mi conosce, sa che per me il contatto sincero, amorevole di un abbraccio, da nuova speranza, cura il cuore che sanguina ancora, riempie di immensa gratitudine.
In questi giorni di limitazioni, di paura, di attenzioni, ho sognato a lungo gli abbracci, ne ho sentito la mancanza. Quando questo ennesimo incubo, avrà una sua fine, prenderò le persone a me più care e le " stritolerò'" nel più grande degli abbracci, gli toglierò l'aria, ma sanificherò il mio malessere, distribuirò amore, consolerò coloro che hanno patito, ma non negherò a nessuno il calore delle mie braccia.
A coloro che leggeranno questa mia breve missiva, dedico "un abbraccio avvolgente".
Rosalba
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