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Covid 19 (Annamaria e Mariano)

Non so se cominciare dal tempo o dallo spazio. Sono una giovanissima donna che ha appena compiuto 64 anni, sono sposata da 38 e vivo con mio marito (forse il segreto è che non l’ho mai considerato un marito!) da 42. Se penso a quando ci siamo conosciuti mi ricordo la piazza della mia città, la Sezione del Partito, lui con i capelli lunghi, un impermeabile alla Colombo ed una sciarpa rossa.


Io ero vecchio già da allora, e come tutti i vecchi sognavo un mondo nuovo, ora che sono certamente più giovane, forse sogno di meno. Mi ricordo benissimo quel giorno e quella clamorosa caduta di Annamaria da un vecchio motorino verde che mi fece scoprire in quel preciso istante che solo io potevo raccoglierla e accoglierla senza farle troppo male.


Si arrotola il nastro di corsa intorno alle nostre vite con le gioie e i dolori che non sono solo delle coppie ma di tutti gli esseri umani. Tuttavia ero in attesa da tempo, aspettavo qualcosa di travolgente, avevo una strana sensazione apocalittica forse determinata dal fatto che il mio lavoro è prevalentemente costituito da sofferenza, sapevo che un giorno sarebbe accaduto qualcosa e la profezia si è auto avverata.

E’ arrivato un nemico invisibile che mi ha chiuso in casa come non era mai successo. Ricordo sempre che mia Madre mi diceva: “A te la casa ti puzza!”. In realtà oggi , che sono più giovane, la casa mi “puzza” di meno e , paradossalmente, non disprezzo affatto il ritmo lento di una rinnovata vita di coppia e neanche la possibilità di tornare a sognare un mondo nuovo come quando ero anziano e non mi dispiace poterne vedere le tracce ancora insieme ad Annamaria. Forse mai come oggi che più spesso siamo chiusi in casa parliamo e immaginiamo il mondo di fuori.


Io sono tra i privilegiati che possono uscire, il mio lavoro è obbligatorio, sono un medico ospedaliero. Mi sono sempre trattenuta oltre l’orario previsto ma oggi appena si fa l’ora ho un piacere tutto nuovo a tornare, Mariano è a casa, aspetta proprio me, siamo solo io e lui come forse non lo siamo mai stati, decidiamo insieme cosa mangiare, cosa vedere a televisione, quando chiamare le nostre figlie e parliamo, parliamo, parliamo che quasi riusciamo ad azzittire il rumore sordo di questo virus monarchico.


Quando Annamaria non c’è ritrovo i miei studenti che forse non ho mai sentito così vicini come ora perché mi pare che fuoriesca violentemente dallo schermo la loro voglia di incontri , di prossimità, di relazione. Lo spazio tra un’ora e l’altra mi viene riempito dagli animali di casa di cui forse solo ora capisco meglio il linguaggio e anche in questo c’è un insegnamento, come in tutte le crisi : la solidarietà tra i viventi. Mi piace anche un modo di vivere la dimensione della chiesa domestica e forse per questo mi è sembrata un po' scomposta la reazione della CEI perché ci può essere una ricchezza e una riscoperta della fede anche nella povertà dei riti a cui siamo temporaneamente costretti.


Siamo consapevoli di essere comunque dei privilegiati, c’è gente in spazi più ristretti, senza disponibilità economica, con persone disabili o anziane in casa, c’è gente che aspetta il malato che torna o piange quello che non tornerà più, e pensiamo che in questa situazione, se anche facciamo, comunque, il nostro dovere, non facciamo abbastanza.


Annamaria e Mariano

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