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(Ginevra)

Leggendo qua e là tra i miei scritti, che sono per lo più flussi di coscienza, ho trovato queste righe:

Chi ha progettato la mia vita è stato molto molto fantasioso e mi ha fornito un paio di gadget: sono intrepida tanto da essere imprudente, resiliente tanto da diventare complice delle mie fatiche e sofferenze e amo… tutti, d’istinto, incondizionatamente, profondamente. Piccolo particolare: ci ho messo 40 anni per capire che devo amare anche me e un altro po’ per capire da che parte cominciare.

Chi ha progettato la mia vita mi ha dato anche un telaio forte, per fortuna molto forte, e bello, ma non è stata la bellezza ad arrecarmi il peggior danno, come anni fa mi ha detto quella che per un tempo troppo lungo è stata mia suocera. La bellezza inconsapevole mi ha reso una preda per il mondo avido e consumista, ma io avevo per me altri progetti e per fortuna non ero la sola.

Chi ha progettato la mia vita mi ha chiamata ad essere madre.

Sono Ginevra, il mondo ho sempre voluto migliorarlo e comincerei da qui: non sono la vittima di quei dolorosissimi e faticosi 13 anni di matrimonio in cui la violenza fisica è stata solo la punta di un iceberg sommerso di violenze psicologiche, morali ed economiche, non sono la guerriera che davanti ai tribunali ha dovuto usare tutte le sue risorse per far fronte a chi tentava di distruggere con la contraerea quella piccola zattera su cui tentavo di trarre in salvo tutto l’amore che potevo, sono la bambina che si diverte a guardare una farfalla che insegue il sole, sono la ragazza che si inebria dei sussurri trasportati dai rami di un albero, sono la mamma che cucina per i suoi figli e la sposa che piange nel sonno tra le braccia del suo uomo.

Quando mi sono sposata non ero una ragazzina, ero giovane certo, ma non sono stata ingannata sull’onda di un amore entusiasta del Principe Azzurro, sono stata ingannata da un uomo intelligente, di buona famiglia, benestante che di professione fa il medico e che nel giro di pochi mesi mi ha letteralmente convinta a sposarlo, mi ha imposto di smettere di lavorare, mi ha sradicata da relazioni amicali e di parentela; tutto nel nome di un Amore con la A maiuscola, il suo, e del progetto di una famiglia da Mulino Bianco.

Il male che mi strappava la pelle ha usato molteplici vie per avermi in suo potere: mi ha sminuita nelle mie capacità organizzative, mi ha derisa prendendosi gioco della mia proattività definendola infantile entusiasmo, mi ha allontanata con una pedata sotto le lenzuola una notte dopo l’altra salvo poi prendersi tutto quello che avevo di più intimo ogni tanto, mi ha percossa e spaventata infinite volte, mi ha tolto ogni possibilità di sostentamento ed ha cercato di togliermi i miei figli. Non ci è mai riuscito perché pregavo con tutta me stessa e cercando di capire come essere una brava moglie diventavo forte, sempre di più.

Sono andata via quando ho capito che tra me e quell’uomo non c’era stato un solo giorno di matrimonio. Ma non è stato facile: ho lavorato molto su di me e lo sto ancora facendo. Sono andata via appena in tempo perché anche i mei figli erano diventati un mezzo per colpirmi e non oso pensare cosa sarebbe accaduto fossi rimasta ancora in quella casa.

Negli anni successivi ho avuto il sostegno di molti tecnici: psicologi ed avvocati preparati mi hanno sicuramente aiutata, ma accanto a professionisti ho avuto a che fare con inetti servi del potere o anche solo incompetenti superficiali che nel soppesare la povera squattrinata ed emotiva mammina di mezza età e l’aitante e fascinoso medico hanno protratto la vicenda di separazione e divorzio per oltre 7 anni, senza parlare di un processo penale di cui chissà quando si vedranno gli esiti. Ad oggi il sistema non difende le vittime di violenza, le parcheggia in una zona nebulosa dove puntualmente bisogna incontrare il proprio carnefice che adotta sempre gli stessi meccanismi, contando su una memoria processuale molto molto rarefatta, per poter continuare a togliere. Ad oggi vivo nella casa dei miei genitori con i miei 4 figli adolescenti e cerco di lavorare sostituendo la mancanza di una carriera regolare con molta fantasia ed instancabile perseveranza.

Ora scrivo una cosa per la quale mi hanno dato della matta più volte: non ho nessun bisogno di perdonare quell’uomo perché l’ho perdonato subito, ogni volta, per 13 anni. Quando sono riuscita a portare via me ed i miei figli da quella casa ho dovuto fare uno sforzo per concentrarmi sul male che ho ricevuto al fine di potermi difendere: i Tribunali ed i Servizi Sociali interpellavano me come testimone e non potevo seguire il mio istinto di sopravvivenza che mi urlava di dimenticare. Ogni giorno entrando o uscendo dalla metropolitana vedevo cartelloni pubblicitari che allertavano le donne a non subire violenza domestica e a denunciare. Mi veniva da ridere e da piangere: le donne non denunciano perché si vergognano, non denunciano perché il mondo le accusa additandole come vittime, non denunciano perché sono sole. Non è vero che non denunciano perché credono nell’innamoramento del proprio carnefice, hanno subito violenza da chi dovrebbe camminare al loro fianco e proteggerle, siamo seri!

Durante i 13 anni di matrimonio ho capito che dovevo amarmi, me l’hanno insegnato i miei figli, e poi è arrivato Giorgio, dopo più di 25 anni senza vederci né sentirci, ho rincontrato questo ex dolcissimo ragazzo, ora diventato un uomo meraviglioso, che mi ha detto di voler essere al mio fianco. Abbiamo cominciato a raccontarci e ad accogliere le sofferenze dell’altro in un abbraccio che non finirà mai: sono amata e riamo con tutta me stessa, riconosciuta in uno splendore nel quale fatico ad identificarmi e di cui mi nutro voracemente. Non abbiamo un compito facile: aiutarci a vicenda nel tentare di trasmettere ai nostri 6 figli valori profondi che ad una visione superficiale le nostre vite tradiscono. Parliamo moltissimo e spesso le nostre idee vengono da direzioni molto diverse, ma questo ci stimola e ci fa crescere sapendo che quella tenerezza ad entrambi negata per moltissimo tempo, oggi sgorga in un tripudio di zampilli.

Scrivere quello che ho vissuto ed ho imparato può essere una lente per me, per chi legge…per i figli: spero che un giorno proprio i miei figli, futuri uomini e donne, siano liberi e completi nel senso più ampio e profondo del termine e che possano essere testimoni positivi nel costruire le loro vite e le loro relazioni.

Ginevra

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