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Tutto cambia al mondo.
Noi assistiamo a trasformazioni di anime, di popoli e di religioni impensabili.
Bisogna che noi prepariamo più che opere, ponti;
più che prediche, dialoghi;
più che ricordi, nuove visioni di un avvenire di libertà, di pace, di giustizia.
don Giovanni Rossi
fondatore della Pro Civitate Christiana
Costruire pace «Dobbiamo sperare nell’imprevedibile»
Riccardo Michelucci
Thu Feb 16 2023 11:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)
Intervista a Andrea Bigalli. «Quello che mi colpisce più di ogni altra cosa è il drammatico sbilanciamento sulla dimensione militare del conflitto. Mi chiedo perché, se vogliamo davvero aiutare gli ucraini, si ritiene che missili e tank siano più urgenti dei medicinali e dei generatori elettrici? [...]"
Intervista a Andrea Bigalli, a cura di Riccardo Michelucci
«Quello che mi colpisce più di ogni altra cosa è il drammatico sbilanciamento sulla dimensione militare del conflitto. Mi chiedo perché, se vogliamo davvero aiutare gli ucraini, si ritiene che missili e tank siano più urgenti dei medicinali e dei generatori elettrici? Perché, salvo rare eccezioni provenienti dal mondo cattolico o religioso in senso più ampio, nessuno pensa a inviare aiuti umanitari?» A porsi questi interrogativi tanto semplici quanto essenziali è don Andrea Bigalli, un prete che quando si parla di pace, a Firenze e nel resto della Toscana, fa sempre risuonare forte la sua voce ispirandosi ai padri nobili del pacifismo, da Ernesto Balducci a don Lorenzo Milani, da padre David Maria Turoldo ad Aldo Capitini. Coordinatore toscano di Libera e docente all’Istituto superiore di scienze religiose, mesi fa don Bigalli fu anche uno dei primi firmatari dell’appello che chiedeva di non votare i parlamentari che si erano schierati a favore dell’aumento delle spese militari. «Quando Ernesto Balducci parlava della lunga marcia dei diritti umani faceva riferimento a un insieme concreto di prassi. Anche Giorgio La Pira diceva che la pace bisogna costruirla a partire dalla base, cementando rapporti di amicizia tra i popoli che aiutino a prevenire le guerre».
I pacifisti non hanno aspettato che scoppiasse il conflitto in Ucraina per cercare di dare risposte di buon senso che al momento, però, ad alcuni appaiono fragili.
È indicativo che di fronte all’escalation del conflitto russo-ucraino noi pacifisti si venga derisi, se non addirittura tacciati di filo-putinismo da chi non dispone di altri argomenti. Forse significa che inquietiamo ancora un po’ le coscienze. Una parte consistente dell’opinione pubblica, oggi, è fuorviata dai social e da gran parte dei mezzi di informazione, i quali possono dare l’illusione che la guerra si combatta con bombe intelligenti e sistemi informatici. Ma chi sa cos’è davvero la guerra e riflette sulle sue condizioni autentiche non può disconoscere un dato inquietante, ovvero che nelle guerre moderne su cento vittime ben 93 sono civili, e 34 di questi sono bambini. Ci sono specifici mondi economici che lucrano su di esse. Basti pensare che il fatturato legato alle armi è uno dei primi cinque a livello globale e le guerre servono proprio ad aumentare la richiesta di produzione e di invio di armi.
Papa Francesco continua a non rassegnarsi al virus della guerra. Cosa pensa di chi lo critica?
Non capisco proprio chi si stupisce dei suoi ripetuti appelli alla tregua. In tutta la teologia conciliare non è presente neanche una riga di sostegno all’idea della guerra e si afferma che un mezzo cattivo non può assolvere a un fine buono. Benedetto XV definì il primo conflitto mondiale «un’inutile strage e un’orrenda carneficina che disonora l’Europa». Da allora ogni guerra è sempre stata condannata dalla Santa Sede.
Come si fa a non perdere la speranza in un futuro di pace?
È necessario essere molto fiduciosi, da un lato, e lo dico laicamente, nell’imprevedibilità delle coscienze umane e dei processi storici. Noi credenti dobbiamo invece sperare che lo Spirito Santo possa toccare il cuore degli esseri umani. Una volta chiesi a una grande testimone del pacifismo italiano come Lidia Menapace se non avesse a volte il sospetto di trovarsi ad affrontare ostacoli insormontabili. Lei mi rispose di no, ricordandomi quanto erano stati capaci di fare alla fine della Seconda guerra mondiale. «Pensa – mi disse – eravamo divisi, frastornati da vent’anni di fascismo e ci trovavamo di fronte l’esercito più forte del mondo. Eppure ce l’abbiamo fatta». Mi convinse che il genere umano è capace di reagire di fronte a qualsiasi prova apparentemente insuperabile.
Vent’anni fa anche lei scese in piazza con il gigantesco movimento per la pace al Social Forum di Firenze. Non ritiene che siano stati fatti passi indietro, rispetto ad allora?
No. Ho più speranza e visione sul futuro di quanta ne avessi in passato. Continuiamo a formare, a proporre una spiritualità della pace e a credere nelle giovani generazioni.