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Gesù e il cieco. La vita è in cammino, non stare parcheggiati sul marciapiede

Antonio Spadaro

Sat Oct 23 2021 22:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Marco ci stupisce scrivendo di Gesù e dei suoi discepoli: E giunsero a Gerico. Mentre partiva da Gerico... Gesù arriva e parte: è un unico gesto. Il racconto non interpone evento né parola tra arrivo e partenza.

Marco ci stupisce scrivendo di Gesù e dei suoi discepoli: E giunsero a Gerico. Mentre partiva da Gerico... Gesù arriva e parte: è un unico gesto. Il racconto non interpone evento né parola tra arrivo e partenza. Perché quel che conta non è quel che fa il Maestro, né quel che fanno i suoi discepoli, Né che cosa fa la folla. Tutto è sfocato sullo sfondo. Perché sotto gli occhi dei riflettori, ben messo a fuoco, è un uomo che sedeva lungo la strada a mendicare. Ci viene detto che si chiama Bartimeo, figlio di Timeo.

L’uomo è cieco. È seduto. È lungo la strada. Mendica. Ogni dettaglio sulla sua identità ci è svelato in un crescendo. Ma la cosa più importante, la prima che ci viene detta, è che ha un nome e un cognome. Non capita sempre così nel Vangelo. Pensiamo al “giovane ricco” che se ne andò triste: resta anonimo: è “un tale”. Che fa quest’uomo? Niente: è fermo, cieco, e messo al margine dei traffici sulla strada, della quale pure ode i suoni. È muto, passivo, sta ad ascoltare la vita che freme attorno a lui, e che con nonchalance lo esclude. Sta seduto. Bartimeo sente che era Gesù Nazareno. Non sa dov’è, ma sa che c’è. Qualcuno ne sta parlando. Deve essere lungo la strada. Improvvisamente quest’uomo seduto comincia a gridare e a dire: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!”. Bartimeo era tollerato. Se ne stava buono e in disparte. Sentendo che Gesù era lì da qualche parte, ha una scossa ad alta tensione. Salta il bon ton da mendicante e comincia a gridare. Non è l’urlo di Munch. Non c’è disperazione, ma desiderio di rompere il silenzio ed essere considerato. La gente comincia a rimproverarlo perché tacesse: non si urla così in mezzo alla strada. Ma l’effetto su Bartimeo è quello della disperazione per vincere le forze che lo riducono al silenzio. Si sta giocando tutto. Con testardaggine. Il risultato fu che egli gridava ancora più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”. Gesù parte. Bartimeo è fermo, seduto, immobile. Gesù passa. Bartimeo grida. Gesù si ferma. Bartimeo ottiene quel che vuole: fermare Gesù. La reazione del Maestro non è di disorientamento né di curiosità. Non si accosta. Ma Bartimeo è cieco e non sa dove andare. Gesù dovrebbe andare da lui. Non lo fa. Si ferma, ma non si muove. Semplicemente dice: “Chiamatelo!”. Gesù è fermo. Bartimeo è fermo. Ciascuno resta dov’è. Qualcuno allora chiama il cieco. Sappiamo che c’è la folla attorno a Gesù. Immaginiamo la curiosità, il passaparola. Marco non lo registra. Annota solamente una voce calda che invita Bartimeo ad alzarsi: “Coraggio! Àlzati, ti chiama!”. A questo punto il focus è nuovamente sul figlio di Timeo: gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Sappiamo una cosa in più: era coperto da un mantello. Una specie di coperta di Linus? Una casa ambulante? Il cieco ora non sa più che farsene: lo getta per aria. Non si alza, ma balza in piedi. L’energia fa esplodere la situazione in verticale mentre fino a questo momento era tutta in orizzontale. Gesù lo soccorre chiedendogli di scuotersi, ma senza avvicinarsi. Una volta che Bartimeo fu davanti a lui è ancora più esigente e gli chiede: “Che cosa vuoi che io faccia per te?”. È ovvio, ma il cieco deve riconoscere e soprattutto dire il suo desiderio. E il cieco gli rispose: “Rabbunì, che io veda di nuovo!”. Adesso scatta la salvezza, la guarigione. E subito vide di nuovo. E che cosa accade? Che prima Bartimeo sedeva lungo la strada, e adesso invece seguiva Gesù lungo la strada. La differenza è tutta qui: essere parcheggiati sul marciapiede, esclusi dalla vita, oppure farne parte in piedi, camminando.

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