Per mia natura non sono portata al rancore. Di mio cerco di sempre di capire l’altro, di mettermi nei suoi panni e di vedere dai suoi occhi. Magari non approvo, ma rispetto.
Quando ti succede che lui ti dice che ha un’altra, reagisci sempre nello stesso modo. Lui ti dice anche che è confuso e non se ne vuole andare. E tu, anche se la razionalità non ammetterebbe di accettare, anche se la tua amica lo avrebbe buttato fuori per molto meno, aspetti.
Non è accettare per sottomissione. È avere fiducia. Anche se è caduta una bomba. Ti chiedi se è voluto rimanere per mancanza di coraggio o per la paura di organizzarsi una nuova vita. Non lo so, non me lo spiego, ma nemmeno ancora mi va di saperlo. Organizzo la mia vita sulle certezze, e le certezze oggi sono solo in me. Imparo ad essere più indulgente con me stessa, che non mi sono mai concessa una debolezza. Comincio anche a chiedermi cosa mi fa felice, perché in realtà non me lo sono chiesto da anni. Sono sempre venuti prima mio marito e mia figlia. Tanto io mi adatto. Mi adatto e mi faccio stare bene tutto, ma poi un po’ alla volta ho perso un pezzetto di identità. Queste sono le certezze che vanno recuperate.
Decido di avere pazienza con lui, di aspettare che le idee gli si schiariscano ma, quando i punti fermi sono diventati pochi, concentrarsi su sé stessi aiuta. Ti ricordi un concetto che avevi dimenticato: che l’altro non ti completa e devi essere completa da sola. Venti anni di matrimonio te lo hanno fatto accantonare, ma diventa di nuovo fondamentale. E quando sei completa e presente a te stessa, riesci anche ad essere lucida e non far dipendere la tua felicità dagli altri. L’altro ha suoi percorsi interiori, e non so dove lo porteranno. Per ora il percorso non diverge, ma nemmeno è così netto. Non voglio forzare decisioni. Mi concentro sul mio percorso e divento un po’ genitore di me stessa. Mi coccolo e mi incoraggio.
(lettera firmata)
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