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Cura del Creato, chiamata urgente

Riccardo Maccioni

Tue Sep 07 2021 22:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

L’appello congiunto del Papa, del patriarca ecumenico Bartolomeo I e del primate anglicano Welby. Insieme per sostenibilità ambientale, lotta alla povertà e cooperazione mondiale. «Scegliamo la vita».

L’appello congiunto del Papa, del patriarca ecumenico Bartolomeo I e del primate anglicano Welby Insieme per sostenibilità ambientale, lotta alla povertà e cooperazione mondiale. «Scegliamo la vita».

Un appello che è insieme sfida e monito: non c’è più tempo da perdere. La nostra casa comune è esausta, vittima dei comportamenti arroganti e irrazionali dell’uomo. Si tratta di scegliere se proseguire sulla stessa china e allora consegnarci a una lenta morte o se invece cambiare rotta, modificare i nostri comportamenti, in un parola: «scegliere la vita». Una domanda che rilanciano di continuo i nostri figli e nipoti. Ma la risposta non arriva o se arriva somiglia a un balbettìo, fatto di grandi promesse e di piccole misure, che spesso finiscono per essere annacquate. E intanto il tempo avanza, sta per scadere, non si può più rimandare. È in questo momento, che «dobbiamo decidere che genere di mondo vogliamo lasciare alle generazioni future». Il Papa, il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I e il primate anglicano Justin Welby lo scrivono in modo chiaro e perentorio nel “Messaggio congiunto per la cura del Creato”. Un documento importante che riunisce per la prima volta insieme i tre leader cristiani in un appello urgente sulla sostenibilità ambientale, la lotta alla povertà e l’importanza della cooperazione mondiale. L’occasione è doppia: da un lato il tempo del Creato, itinerario ecumenico che si celebra ogni anno dal 1° settembre al 4 ottobre, dall’altro l’avvicinarsi di novembre e quindi del Cop26 di Glasgow punto d’incontro dei leader mondiali chiamati a deliberare sul futuro del pianeta e dei suoi abitanti. Un “domani” radicato necessariamente sull’oggi, e che non può non articolarsi su alcuni punti chiave. Il primo è la sostenibilità, «sociale, economica, ambientale » a sua volta strettamente collegata al concetto di «custodia — di responsabilità individuale e collettiva per la dote che ci ha dato Dio —» da calibrare non nell’ottica del respiro breve ma dello sguardo alto e lungo. La lezione del Vangelo in proposito è chiara, il racconto dell’uomo ricco e stolto che accumula molto grano dimenticando che morirà, così come la parabola del figliol prodigo, sono una messa in guardia «dall’adottare opzioni a breve termine, in apparenza poco costose, dal costruire sulla sabbia invece che sulla roccia». Occorre cioè «adottare una visione più ampia», il contrario di quanto fatto finora. Perché «abbiamo massimizzato il nostro proprio interesse a scapito delle generazioni future. La tecnologia ha dischiuso nuove possibilità di progresso, ma anche di accumulazione di ricchezza illimitata, e molti di noi si comportano in modi che dimostrano scarsa preoccupazione per le altre persone o per i limiti del pianeta».

Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti e testimoniano come il cambiamento climatico sia questione di sopravvivenza immediata e urgente. «Inondazioni, incendi e siccità» minacciano interi continenti, «l’acqua è diventata scarsa e le scorte di cibo sono incerte, causando conflitto e dislocazione per milioni di persone». Conseguenze terribili nel segno di una profonda ingiustizia sociale: «le persone che subiscono le conseguenze più catastrofiche sono quelle più povere del pianeta e che hanno avuto meno responsabilità nel causarle». Di qui l’invito, quale sia la propria fede o visione del mondo, ad ascoltare il grido della terra e dei poveri. Cambiare, infatti, si può, è possibile invertire la rotta. A patto che i comportamenti individuali trovino eco e forza nelle scelte collettive. Chiara in proposito la richiesta di «collaborazione sempre più stretta tra tutte le Chiese nell’impegno per la cura della creazione». Come comunità, città e nazioni – recita l’appello – dobbiamo «scoprire nuovi modi di lavorare per abbattere le tradizionali barriere tra i popoli, per smettere di competere per le risorse ». Oggi siamo dinanzi «a una giustizia severa – continuano il Papa, Bartolomeo I e Welby –: perdita di biodiversità, degrado ambientale e cambiamento climatico sono le conseguenze inevitabili delle nostre azioni». E domani potrebbe persino andare peggio. Per evitarlo occorre pentirsi e cambiare. Ci si può riuscire certo, ma bisogna fare in fretta. Si tratta, come già detto, di «scegliere la vita», che significa anche «fare sacrifici ed esercitare l’autocontrollo». Insieme, chi ha il dono della fede e chi no. «Facciamo appello al cuore e alla mente di ogni cristiano, di ogni credente e di ogni persona di buona volontà – ribadisce il messaggio –. Preghiamo per i nostri leader che si riuniranno a Glasgow per decidere il futuro del pianeta e dei suoi abitanti. Ancora una volta ricordiamo la Scrittura: «Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza». La chiamata – ripete l’appello – riguarda tutti: «prendersi cura del Creato di Dio è un mandato spirituale che esige una risposta d’impegno. Ne va del futuro dei nostri figli e della nostra casa comune».

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